13/06/23

Se n'è andato col sorriso sul prepuzio


 In questi ultimi tre anni mi sono spesso domandato le ragioni per le quali io avessi perso l’interesse nelle vignette politiche. Al tempo del lockdown avevo recuperato un po’ di slancio, ma alla fine la fiammella si è spenta. Forse perché per un po’ era il mio movimento al governo a fare cazzate ed io non me la sentivo di sparare sulla Croce Rossa con fuoco amico.

I governi Draghi e Meloni avrebbero dato infiniti spunti per recuperare la mia vena umoristica, ma invece niente. Solo stanchezza, noia. Tutto quello che la politica ha proposto e propone è troppo, troppo più avanti rispetto a dove può arrivare la satira. Quindi, niente, proprio non mi è venuta voglia. Hanno vinto loro ed io ho perso.

Oggi però è doveroso fare un’eccezione. La dipartita di Silvio merita una riflessione e come sempre è giusto scegliere bene le parole, perché, pur trattandosi, a mio personale avviso, di un uomo che ha trasformato in modo deprecabile il nostro Paese, è stato anche molto votato ed incredibilmente (per me) molto amato.

Come dicevo, Silvio Berlusconi ha segnato gli ultimi 40 anni dell’Italia in modo indelebile e spesso grottesco. Lo si può amare per aver portato nelle case degli italiani Dallas, le televisioni commerciali, l’intrattenimento pomeridiano e lo si può odiare per le stesse ragioni, ovvero per aver sdoganato l’intrattenimento ipnotico basato sulla fuffa, sul finto reality, sulla pruriginosa curiosità a proposito del nulla, del voyerismo più squallido. Se per tante persone Silvio è stato visto come una manna, una benedizione, per altri è stato il demiurgo dell’abbassamento più miserabile del livello di cultura ed educazione del cittadino (o meglio spettatore?) medio.

Culturalmente, ha esaltato la mercificazione della donna, lo sfottò verso gli omosessuali, ha elevato la cultura del machismo, disprezzato le religioni che non fossero di matrice cristiano-cattolica. Se siamo tutti più gretti, ignoranti, limitati, pettegoli e volgari lo dobbiamo moltissimo anche a lui.

Politicamente anche peggio: ha sdoganato i fascisti, i piduisti ed i razzisti mettendoli al governo. Ha elevato incapaci fantocci, nani e ballerine a ruoli apicali, dove il merito non ha mai avuto un vero significato. Imbroglioni ed arrivisti assurti a ruoli di politica e di governo che richiederebbero onestà e rettitudine. Una politica diventata spettacolo e truogolo, alimentata con mezzi leciti ed illeciti, con i quali è spesso sfuggito alla giustizia, mantenendo comunque legami opachi con personaggi collusi con la mafia.

Un grande ingannatore, un incantatore di serpenti. Simpatico, per carità, ma farsesco. E su questa farsa è montata una imponente ondata di satira nei suoi confronti, nella quale, nel mio piccolissimo, ho navigato anch'io.

Pertanto, non posso celebrare l'uomo per quello che ha rappresentato. Non aderirò virtualmente ai funerali di Stato, negati a campioni della lotta contro la Mafia, ma concessi a chi la Mafia ce l'aveva nelle stalle della sua villa. Non starò fermo una settimana, come i nostri parlamentari, degni figli di questa non-cultura, a snocciolare peana al loro divino ispiratore.

Mi limiterò ad un saluto. Questo glielo devo. Una delle mie più vecchie vignette (eh, già, perché non ho più voglia di disegnare).

Addio Papi. Ti sia lieve la patonza.

Haldeyde